1.1
Principi di elettrochimica
I
metodi analitici elettrochimici, sono quei metodi che ci permettono di
analizzare una soluzione posta in esame attraverso un flusso più o meno
continuo di elettroni.
In
pratica questo capitolo della chimica è un campo comune all’elettronica, ma
che si sfrutta per analizzare nelle soluzioni il pH
, l’rH, la concentrazione di un particolare ione o di tutti gli ioni,
l’attività, oltreché controllare
sistemi
biologici, lo stato di
salute di tessuti viventi ecc.
Ovviamente
le soluzioni poste in esame sono sempre in equilibrio, quindi non si potrà
effettuare alcuna misurazione senza sollecitarla, attraverso un sistema
elettrochimico. Data la differenza di elettronegatività
dei diversi atomi, ioni e
molecole, si ha che posti a contatto si abbia un piccolo flusso di elettroni e
quindi una differenza di potenziale
facilmente misurabile.
Quindi se in una soluzione di un particolare composto viene posto un ponte
conduttore di elettroni collegato con altre soluzioni o altri composti, questi
tenteranno l’uno contro l’altro di appropriarsi o di respingere gli
elettroni del filo conduttore, creando un piccolo flusso con una d.d.p. più o meno alta secondo la
differenza tra le due forze che si attraggono elettroni e che li respingono.
Questo tipo di processo viene detto Galvanico, poiché sfrutta il normale processo offerto dalle sostanze prese in
esame, mentre al contrario esiste il processo elettrochimico che si realizza
quando la soluzione viene sollecitata mediante una d.d.p. e vi si registrano le
conseguenze.
I
metodi chimici sono principalmente cinque, ed ognuno di essi può essere
approfondito e suddiviso in varie altre categorie; vi è il metodo
Potenziometrico, Voltammetrico, Amperometrico, Coulommetrico, Elettrogravimetrico, Conduttimetrico.
Il
metodo potenziometrico è relativamente molto semplice ma altrettanto vasto,
esso misura galvanicamente la d.d.p. che si instaura tra una soluzione di riferimento posto in
particolari condizioni (detto elettrodo di riferimento) e
un’altra soluzione che scambiando piccole quantità di ioni, elettroni si
mette in stato di equilibrio con la soluzione da analizzare.
Di
questo metodo ne descriveremo più approfonditamente in seguito.
Similmente
al metodo Potenziometrico, questo metodo consiste nell’interpretazione delle risposte delle
soluzioni poste in esame alle sollecitazioni effettuate. Diversamente dal metodo
Potenziometrico, questo sollecita la soluzione attraverso un piccolo flusso di
elettroni, che provoca una d.d.p. abilmente interpretato da
due elettrodi, uno di riferimento e l’altro polarizzato. La sollecitazione
effettuata è ovviamente derivata da quest’ultimo che in caso sia di un
particolare tipo (a goccia di mercurio) dà al metodo un nome più specifico Polarografia.
Il metodo amperometrico rappresenta una variante del
metodo voltammetrico, per permettere di eseguire misurazioni redox. A differenza
del metodo precedente, il potenziale dell’elettrodo
polarizzato,
viene tenuto costante, in modo che la variazione del flusso di elettroni nella
soluzione sia dovuto solo alla variazione delle concentrazioni ioniche presenti
nella titolazione. In questo modo è anche possibile determinare con esattezza
il punto di equivalenza. Altra differenza importante è che nell’amperometria
è possibile trovare anche due elettrodi polarizzati, in questo caso si parlerà
di biamperometria, per effettuare
titolazioni di tipo dead stop
su
coppie redox reversibili, ovvero su coppie che si scaricano agli elettroni
anche se fra di essi viene applicata una differenza di potenziale
molto
piccola.
Il
termine deriva da coulomb, unità di misura
della quantità di carica elettrica. Similmente ai metodi precedenti si impone
una d.d.p.
fra due elettrodi polarizzati, ma si misurerà la quantità di
elettricità che passerà in un determinato lasso di tempo. Inutile ricordare
che il flusso di corrente sarà derivato dagli ioni in soluzione che porteranno
le loro cariche ai corrispettivi elettrodi di segno opposto.
La misura viene eseguita mediante un generatore di
corrente, una resistenza variabile, un amperometro
(per misure a corrente
costante), o un voltometro
(per misure a potenziale
costante).
La legge cui viene fatto riferimento è la legge di
Faraday:
FORMULA
Dove:
PM
è il peso molecolare della specie chimica che si scarica
W è
la massa elettrolizzata
F è
il Faraday
n sono
gli elettroni che precipitano nella reazione
t è
il tempo
i
è l’intensità della corrente
Si
tratta di una variante del metodo coulommetrico nel quale, anziché misurare la
quantità di carica consumata nell’elettrolisi, si pesano i depositi formati
si elettrodi di conformazione opportuna. L’elettrogravimetria
(o
elettrodepositazione) è un vero e proprio metodo
gravimetrico.
Il
metodo conduttimetrico sfrutta la conducibilità elettrica
delle soluzioni come fulcro
delle sue misurazioni. La conducibilità elettrica delle soluzioni è infatti
proporzionale alla concentrazione degli ioni presenti in essa. La formula
caratteristica di questo metodo è L= c × K
Dove:
L
è la conduttanza della soluzione
c
è la conducibilità
specifica
K
è la costante
della cella
Si
usa solitamente corrente alternata ad alta frequenza, per evitare i fenomeni di
elettrolisi
. Le celle sono formate da una forma tubolare, la cui estremità
inferiore è composta internamente da due lamine di nota distanza, superficie di
conduzione, materiale usato ed altri piccoli fattori, che determinano in
complesso una costante di cella
specifica (K).
Con
questo metodo è possibile inoltre determinare anche le costanti
dielettriche dei composti
liquidi.