Descriveremo qui di seguito i risultati e le discussioni sulle analisi svolte nel Laboratorio di Igiene e Profilassi di Caserta grazie allaiuto ed alla supervisione del Dott. Del Monaco, nonché con il supporto teorico dei professori Perrone Vincenzo, De Gioia Maria Stella, Mormone Giuseppe.
Una delle parti fondamentali della buona riuscita delle analisi è la preparazione del o dei campioni da analizzare. Spesso non è possibile analizzarlo tal quale e si deve ricorrere come nel nostro caso alla derivatizzazione.
Lanalisi di composti altobollenti richiede temperature molto elevate, con forti rischi di decomposizione, polimerizzazioni, o addirittura carbonizzazione. Questi problemi si presentano, per esempio, sottoponendo a gascromatografia macromolecole o molecole ricche di legami a idrogeno come gli zuccheri semplici che risultano altobollenti. Daltro canto vi sono molecole che si decompongono al solo contatto delle parti metalliche dello strumento, anche a temperature relativamente basse. In questi casi può essere molto utile la modificazione chimica del campione (derivatizzazione) che permette di ottenere derivati a maggiore volatilità o comunque meno affini alla fase stazionaria. Questa tecnica consente lanalisi gascromatografica di composti con elevato peso molecolare, che nel caso dei carboidrati possono arrivare a 9800. Ottimi risultati si ottengono anche derivatizzando certi gruppi funzionali, come OH, NH2, COOH che allo stato libero danno luogo, con molte fasi stazionarie, a picchi asimmetrici (tailing). Inoltre, derivatizzando diventa possibile amplificare le differenze tra composti chimicamente molto affini, facilitando ulteriormente lanalisi.
La derivatizzazione adottata è stata scelta in base allesperienza di esperti nel settore; si tratta di esterificare lolio con idrossido di potassio al 10% in metanolo (in rapporto 5 a 2) per rompere i legami esistenti, attendere un paio di minuti e riscaldare su bunzen fino a che la reazione diventi completa (soluzione limpida). Si aggiungono 2 gocce di verde bromocresolo più 1 ml di HCl gassoso distillato in metanolo. Si riscalda per qualche minuto con il refrigerante ad aria e si raffredda aggiungendo 5 ml di HCl in metanolo 1:1. Si lascia stratificare. Si filtra su un imbuto settato con allumina e solfato di sodio anidro.
4.2 Studio preliminare del metodo
Descriveremo di seguito parte dello studio preliminare delle analisi svolte, tra cui lottimizzazione dello strumento verificando il minimo della funzione di Van Deemeter, la scelta dei materiali usati, la preparazione dei campioni utilizzati e conseguentemente liniezione del campione, tralasciando ovviamente la metodica riguardante gli strumenti specifici.
4.2.1 OTTIMIZZAZIONE DEI PARAMETRI
Come descritto ci sono moltissimi fattori da tenere presenti nellanalisi, ed ottimizzarli non è affatto facile per un non esperto, tuttavia prima dellanalisi abbiamo provato diverse configurazioni per cercare la migliore stabilità possibile, e soprattutto la migliore affidabilità dellanalisi.
Tra le modalità essenziali per lottimizzazione necessaria ne descriviamo solo alcune; quelle alle quali abbiamo perso più tempo e per noi maggiormente importanti.
Flusso del carrier
Dallequazione di Van Deemeter abbiamo già citato i due differenti termini; uno "B/u" che diminuisce allaumentare del flusso del carrier, e laltro "C×u" che tende ad aumentare. Per trovare la giusta velocità sono necessarie notevoli conoscenze circa laltezza teorica equivalente del piatto, nonché le costanti A, B e C. Purtroppo trovandoci di fronte alla realtà non abbiamo avuto la possibilità di conoscere queste tre costanti e come molto spesso accade, per velocizzare il metodo ed essere sicuri di trovare il giusto compromesso abbiamo costruito una curva sperimentale a diverse velocità del carrier in rapporto con lefficienza e la ripetitività dellanalisi. Non abbiamo trovato eccessive difficoltà durante le prove e siamo giunti alla conclusione che per le colonne capillari è necessario un flusso di 2 ml/min, mentre per la colonna impaccata ~50 ml/min.
Natura e pressione del carrier
La natura del carrier è relativamente poco importante per il tipo di analisi, fondamentalmente viene scelto in base al tipo di rivelatore usato. Inutile ricordare che per questo tipo di analisi devono comunque essere di una certa purezza che va dal 99,99% al 99,99996% e soprattutto essere di qualità UQ, cioè privo di idrocarburi, e con una quantità di ossigeno ed idrogeno estremamente bassa.
Per la colonna capillare si è scelto Elio IP (purissimo), mentre per la colonna impaccata Azoto puro.
La pressione ideale si è visto sperimentalmente migliore a 1,5 1,7 atm, anche se a pressioni di 2,3 2,4 atm si sono avuti comunque discreti risultati.
Liquido di ripartizione
Il liquido di ripartizione è stato scelto per la colonna impaccata in base alla sua vasta gamma di campioni che riesce a separare, ed è inoltre particolarmente indicata per composti poco o non polari.
Temperatura della colonna
La temperatura è stata adottata considerando quella consigliata dal manuale dello strumento e dallesperienza di alcuni esperti nel ramo che ci hanno assistito durante e dopo lo studio preliminare.
Riportiamo di seguito le condizioni ideali trovate per tutte le analisi svolte.
4.2.2 Condizioni strumentali
È da notare che ci sono stati altri piccoli parametri molto importanti per noi che non abbiamo riportato qui data la loro estrema varietà da analisi ad analisi (come lattenuazione dellintegratore). Essi verranno riportati, quando giudicati necessari attigui al relativo gascromatogramma.
4.3 Iniezione
Lesigua capacità delle colonne capillari comporta lesigenza di iniettare quantità molto piccole di campioni. Il gascromatografo quindi dovrà possedere sistemi di iniezione particolari e minimi volumi morti in tutto il sistema pneumatico. Tali condizioni flusso si che, per quanto sia possibile adattare un gascromatografo convenzionale a questo tipo di colonne, di fatto risulti consigliabile utilizzare strumenti appositamente concepiti per questa tecnica
4.3.1 Tecniche e dispositivi di iniezione
Per le colonne capillari ed in particolare per le SCOT e WCOT, le quali necessitano di iniezioni con capacità dellordine dei nanolitri, si ricorre alluso della tecnica split o splitless.
In colonna è inviata solo una frazione molto piccola, per esempio un centesimo del campione iniettato, utilizzando un apposito dispositivo di spurgo (split). Lo splitter è caratterizzato da una camera di iniezione termostatata ad elevata temperatura, dove il campione evapora rapidamente, per passare poi in una camera di miscelazione in cui si forma una miscela omogenea fra gas di trasporto e il campione stesso. La miscela si avvia verso luscita dove si distribuisce tra la colonna e lesterno secondo rapporti decisi dalloperatore (split ratios). La tecnica split consente di iniettare piccole quantità di campione in tempi molto brevi, ma può essere efficace solo per campioni piuttosto omogenei.
4.3.3 La tecnica splitless
Consiste in un sostanziale miglioramento della tecnica precedente, basato su un dispositivo denominato splitless col quale si fa a meno dello spurgo. Con tale sistema si iniettano quantità relativamente alte (15 m l) di soluzioni molto diluite. In pratica il campione da analizzare è diluito in un solvente con punto di ebollizione bassa e iniettato nella camera di vaporizzazione. La testa della colonna è mantenuta ad una temperatura più bassa di 20-25 gradi rispetto alla temperatura di ebollizione del solvente. Linconveniente di tale tecnica deriva dalla necessità di operare con sostanze al punto di ebollizione non troppo elevate, altrimenti si verificano condensazione ed adsorbimenti nella zona fredda delliniettore. Sul piano dellanalisi quantitativa tale tecnica fornisce unottima accuratezza, a meno che le sostanze non siano termolabili o troppo altobollenti. Il maggior vantaggio di questa tecnica è che la quantità effettiva di campione iniettata è superiore di quella dello split, per cui viene abbassato il limite di rivelabilità, il che rende la tecnica indicate per lanalisi di traccia. La tecnica è adottabile sia per SCOT che WCOT.